Questa lettera nasce dal collettivo “Nubi Pe(n)santi”, formato da ragazzi e ragazze della provincia di Torino che si sono interrogati sul tema della scuola utilizzando il metodo maieutico.
In occasione del Caffè pedagogico con Daniele Novara (premio ricevuto durante il convegno CPP “La scuola non è una gara” a cui i ragazzi e le ragazze hanno partecipato con una rappresentanza) si è concordato di condividerne il testo. Buona lettura!
Che cos’è la scuola?
In termini tecnici è l’organizzazione volta a fornire un’educazione e una formazione umana e culturale agli individui. Molte volte viene definita la seconda casa di noi giovani in quanto vi trascorriamo gran parte del nostro tempo; è davvero così?
Per definirla tale è necessario che il significato del termine, che in quest’accezione rappresenta un luogo sicuro, di confronto e di supporto, coincida realmente con l’ambiente che si respira all’interno della scuola. La maggior parte di noi non sente questo luogo simile a una casa perché nel percorso scolastico gli aspetti negativi prevalgono rispetto a quelli positivi.
Tra le prime criticità vi è il giudizio: essere valutati e valutate e avere un voto che giudichi il nostro operato non può che generare in ognuno di noi un vorticoso senso di ansia e frustrazione che non ci permettono di capire quale sia il vero obiettivo della scuola.
I professori e le professoresse spesso affermano che ciò che importa non è il voto, ma ciò che impariamo e la conoscenza che sviluppiamo, ma allo stesso tempo premono sugli studenti e le studentesse affinché ottengano determinati numeri; ma come può essersi mai generata tale concezione, se non da un sistema che premia il più performante?
Inoltre spesso manca la coerenza tra professori: ci insegnano che il giudizio personale negativo non va bene, ma invece perché quello positivo va bene?
Certo che sentirsi dire “bravo/a” fa piacere a chi lo riceve, ma tutti gli altri e le altre? Se si ritiene sbagliato il giudizio lo si deve fare per tutte le forme di questo. Spesso a scuola si viene “catalogati” in base all’immagine, ai comportamenti, all’andamento scolastico… la scuola dà agli studenti l’idea di doversi creare una “reputazione” per non essere etichettati negativamente dagli/dalle insegnanti. Abbiamo spesso l’impressione che alcuni/e abbiano preferenze, “voti fissi”, aspettative verso alcuni studenti e studentesse, i quali/ le quali non sempre le soddisfano e nutrono un senso di colpa per generato delusione. Suddetta modalità favorisce il propagarsi di pregiudizi: non è raro che un/a docente si accanisca nei confronti di uno o più studenti per il rendimento, che ci si aspetta sia sempre continuo e lineare. Questo dà origine a delusioni, aspettative e preferenze, che influenzano negativamente la classe, il rapporto fra pari e il rapporto professionale tra le due parti. Si innesca una competizione “sgomitante, muscolare, darwiniana” in cui si perde di vista il significato originario di “cumpetere: procedere insieme, correre insieme verso la stessa meta” (Ivano Dionigi in “Parole che allungano la vita”).
Il sistema scolastico promuove una standardizzazione degli/delle allievi/e che annulla di fatto il progresso di formazione umana, il pensiero critico, punti cardine della crescita individuale, favorendo un conformismo opprimente; di conseguenza viene ridotta anche la soggettività di ognuno/a, impedendo ai singoli di esprimersi attraverso canali, modalità e sfumature differenti. Infatti molto spesso accade che ogni professore/ssa desideri creare una copia di se stesso nei propri studenti e studentesse, lo si può notare, ad esempio, nell’imposizione di un metodo di studio secondo lui/lei efficace.
Il registro elettronico è un altro punto su cui abbiamo discusso molto. È certamente un supporto che però genera un controllo assiduo e continuo e annulla autonomia e indipendenza. Inoltre i nostri genitori vengono costantemente informati di quello che facciamo, i voti che prendiamo, dove siamo, annullando la comunicazione tra genitori e studenti, in quanto i genitori vengono a sapere l’esito delle prove ancor prima che gli alunni e le alunne possano comunicarglielo, quella tra studente/studentessa e docente, poiché ci viene data una valutazione prima di poter apprendere gli errori commessi, e infine quella tra studenti e studentesse, dal momento che non vi è necessità di domandare al gruppo classe quali attività si sono svolte e quali compiti siano stati assegnati.
Nell’ambiente scolastico scarseggia notevolmente uno degli elementi primari e fondamentali per il funzionamento delle relazioni umane: la comunicazione. Comunicare è nella sua essenza ascolto, comprensione, empatia, scambio di informazioni, bisogni ed emozioni; è la chiave che consente di immedesimarsi nell’altro/a per rendere soddisfacente ogni rapporto. Nella scuola dovrebbe costituire la base. La sua mancanza è spesso dovuta alla distanza imposta dal sistema gerarchico che erige muri invisibili quanto spessi che impediscono la comunicazione alla pari tra studente e docente, o più in generale tra un individuo di un “gradino più basso” e uno di un “gradino più alto”.
Per ciò che concerne le lezioni riscontriamo ostacoli nella completa efficacia dei metodi didattici: da lezioni di tipo frontale alla mancanza di interdisciplinarità, da metodi di insegnamento che uccidono la curiosità e la voglia di imparare all’incuranza dei bisogni di ciascun alunno e alla carenza di attività alternative; tutto ciò perché traspare che ai professori interessi maggiormente terminare in tempo il programma scolastico prefissato rispetto a far interessare e appassionare gli studenti alla propria disciplina.
Quanto scritto è frutto delle nostre percezioni in veste di studenti e studentesse, dello scambio generato in occasione di più incontri (Il Teatro dell’Oppresso e i laboratori maieutici in uno spazio associativo che ospita le nostre discussioni), ma non neghiamo che se si utilizzasse un dialogo efficace all’interno delle mura scolastiche, così infrangendo, almeno in parte, le barriere che ci separano, si potrebbe giungere a punti d’incontro utili a rendere la scuola un posto migliore per tutti e tutte. Il nostro obiettivo è diffondere le nostre voci perché crediamo nella possibilità di un lavoro collettivo che permetta un radicale cambiamento.
Il filosofo Edgar Morin nel suo saggio “Insegnare a vivere; manifesto per cambiare l’educazione” scrive: “Se insegnare è insegnare a vivere, è necessario individuare le carenze e le lacune del nostro insegnamento attuale per affrontare problemi vitali come quelli dell’errore, dell’illusione, della parzialità, della comprensione umana, delle incertezze che ogni esistenza incontra. […] La scuola e l’università insegnano alcune conoscenze, ma non la natura della conoscenza, che porta in sé il rischio di errore e di illusione, poiché ogni conoscenza, a cominciare dalla conoscenza percettiva fino alla conoscenza tramite parole, idee, teorie, credenze, è nello stesso tempo una traduzione e una ricostruzione del reale”.
Collettivo Nubi Pe(n)santi
Almese (TO), 18 settembre 2024
Il collettivo “Nubi Pe(n)santi” è costituito da un gruppo di adolescenti residenti nella ValMessa, Bassa Val di Susa, che si interrogano, negli spazi dell’Associazione LiberAmente, concessi dal Comune di Almese, in collaborazione con la Consulta Giovani, su argomenti a loro cari, su cui hanno necessità di esprimersi liberamente, senza giudizio, scambiando pensieri ed emozioni, utilizzando diversi linguaggi.
La costante è la maieutica; ragazzi e ragazze sono invitati a porsi domande e ad argomentare su temi di loro interesse, che vengono sviluppati e approfonditi mediante situazioni stimolo e dialogo, in presenza e con la facilitazione di un adulto (Il Sorriso Educante).
Il percorso nasce con il laboratorio settimanale “Perchè” nell’a.s. 2021/22 che ha condotto alla richiesta, da parte dei ragazzi e delle ragazze, di concludere a luglio con un campo estivo di una settimana, in Alta Val di Susa al Deveys, Salbertrand: “Semi di Bellezza”. In questa occasione hanno condiviso la quotidianità dei pasti (inclusa la preparazione della colazione e di un pranzo e una cena e la pulizia degli spazi e delle stoviglie), l’organizzazione e strutturazione della giornata. Al mattino veniva proposta un’attività stimolo sul tema “Bellezza” e nel pomeriggio, dopo pranzo, “Il Simposio”, in cui si leggeva “Il Simposio” di Platone e si dialogava sui temi affrontati. A fine campo una mattinata di restituzione finale del e per il gruppo e i genitori, nella quale i ragazzi e le ragazze hanno riscritto i dialoghi di Platone, trasformandoli in una rappresentazione teatrale che ha condotto, l’anno successivo, all’evoluzione di “Perché” in “Pensieri ed emozioni in movimento” a.s. 2022/23. Canovaccio del percorso la lettura de “L’arte di amare” di Erich Fromm.
Moltissimi i temi proposti da e intorno all’opera che è confluita in uno spettacolo teatrale aperto alla cittadinanza e patrocinato dal Comune di Almese. Poiché i ragazzi e le ragazze nei pomeriggi del laboratorio necessitavano sempre di un momento di defaticamento e discussione sulla scuola, al campo estivo “Semi di Bellezza 2023”, è stato inserito il tema “scuola” nel simposio post pranzo. Si sono creati dei gruppi di allievi/e della scuola media secondaria di primo grado (II e III) e di allievi/e della scuola media secondaria di secondo grado. Si sono interrogati/e sulla scuola con le domande “cosa funziona”, “cosa non funziona” e “come la vorresti”; ne hanno discusso e sono stati creati tre cartelloni con le loro risposte e argomentazioni.
Il tema è stato inserito nella programmazione ad ottobre 2024, quando, ripreso il laboratorio con frequenza settimanale, il gruppo ha deciso di costituirsi collettivo e chiamare il laboratorio stesso e Nubi pe(n)santi.
A gennaio 2024 si è ripreso il tema scuola con il Teatro dell’oppresso: una due giorni in cui dieci adolescenti e dieci adulti educatori (insegnanti e genitori) si sono messi in gioco e in discussione in un emozionante occasione di scambio. Tra marzo e aprile 2024 si sono ripresi i lavori sul tema scuola, i cartelloni del campo e il vissuto del TdO; con una rappresentanza, supportati dall’associazione LiberAmente Aps, hanno partecipato al convegno nazionale “La scuola non è una gara” organizzato dal CPP e il gruppo ha deciso di scrivere una lettera alla scuola, agli/alle insegnanti, ai genitori, per esprimere le loro opinioni e chiedere ascolto e confronto.