Condivisione e regole per educare al meglio

Nell’ambito dell’utilizzo dei dispositivi digitali, esiste oggi un discrimine fra la cultura della condivisione e quella della regolazione?
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Nell’ambito dell’utilizzo dei dispositivi digitali, esiste oggi un discrimine fra la cultura della condivisione e quella della regolazione?

Nell’ambito dell’utilizzo dei dispositivi digitali, esiste oggi un discrimine fra la cultura della condivisione e dell’accompagnamento ai bambini e la cultura della regolazione. Da vent’anni, il mito della condivisione imperversa e ci incalza sulle orme di quella stessa cultura che aveva furoreggiato all’epoca dell’avvento della televisione e della conseguente addiction.

La cultura della condivisione

La cultura della condivisione sostiene che l’importante è condividere con i figli, accompagnarli e stare loro vicino. Tutto qui. Ricordo la telefonata di un papà di un bambino di 8-9 anni: «Dottore cosa faccio? C’è mio figlio sotto il tavolo che sta guardando un film porno». Ho avuto l’impressione che la sua domanda fosse riferita alla possibilità di condividere il film porno.

Tanti rotocalchi hanno condotto campagne ossessive sulla vicinanza, ma una nefandezza rimane una nefandezza, che il genitore sia vicino o lontano dal figlio. Un film horror non cambia con la mamma accanto spaventata quanto il bambino. Oggi in Italia l’educazione sessuale, che nelle scuole e nelle famiglie non esiste, è affidata al genere porno.

Sono anni ormai che non mi viene più posta la domanda «Cosa faccio? Cosa gli dico?» perché i ragazzini che possiedono uno smartphone finiscono in automatico sui siti hard.

La cultura della regolazione

La cultura della regolazione, differentemente da quella della condivisione, apre un altro scenario.

Basta fare riferimento alle ricerche esistenti e alle norme già in vigore, come quella sull’età minima di 14 anni per l’utilizzo dei social e di certi videogiochi, su cui tutti siamo d’accordo, ma che non viene applicata. Per non parlare del loro utilizzo nei primi anni di vita per cui il limite è stato abbassato dai 3 anni ai 2 (esistono addirittura app destinate ai neonati).

I pediatri stessi, a livello internazionale, sono irremovibili sull’uso dei videoschermi sotto i primi due anni. E non si parla di condivisione. Ci sarà un motivo? Io addirittura alzerei l’asticella e li proibirei non solo nell’età dell’asilo nido, ma anche nell’età della scuola dell’infanzia.


Immagine di un gioco utilizzato per il corso online CPP Le regole per educare alla libertà

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Le ricerche sulla letto-scrittura

Le ricerche sulla compromissione della letto-scrittura nel momento in cui i bambini nei primi sei anni accedono alla tastiera sono note. La letto-scrittura consiste in un processo molto complesso che la tastiera compromette poiché banalizza i processi neuronali legati alla mano, contenuto primario dei nostri neuroni cerebrali.

L’aspetto motorio che manca nell’utilizzo della tastiera rischia di favorire e aumentare la neurodiagnostica. Nessuno ha la verità in tasca, ma l’utilizzo dei dispositivi digitali nei primi due anni di vita potrebbe mandare a ramengo tutta la cultura pediatrica a oggi conosciuta.

Tra condivisione e uso della tecnologia

Non si sta mettendo in discussione la tecnologia, piuttosto l’età di fruizione. Nessuna differenza rispetto al limite di 18 anni imposto sull’uso di alcol e tabacco. La cultura del limite non soffoca, permette comunque di respirare.

Le regolazioni aiutano stabilendo l’età in cui una cosa si può fare o no. Norme e ricerche ci sono. Non esiste la condivisione a ogni costo, piuttosto esiste l’educazione che si crea sulle giuste abitudini o regolazioni.

Un altro acceso dibattito riguarda la privacy. Un minore rimane un minore, non lo si può abbandonare in un contesto dove può succedere di tutto (sexting, cyberbullismo).

Come si può pensare di non avere un accesso ai suoi dispositivi digitali? Se dovesse succedere qualcosa, le autorità competenti distruggono i genitori. Esistono centinaia di episodi in cui i genitori di figli sedicenni o diciassettenni si sono sentiti bussare alla porta della Polizia Postale perché immagini di un certo tipo provenivano da casa loro.

Fra diritto alla privacy e tutela dei minori, su questo versante, prevale assolutamente la seconda.

Daniele Novara, tratto dall’articolo “Educare significa regolare non condividere” pubblicato sulla nostra rivista “Conflitti”.
7 maggio 2025

Nell’ambito dell’utilizzo dei dispositivi digitali, esiste oggi un discrimine fra la cultura della condivisione e quella della regolazione?

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