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Ai sostenitori della pace: non confondiamo conflitto e guerra

La sovrapposizione semantica di conflitto e guerra, il loro utilizzo come sinonimi, è totalmente ideologica. Superiamo questa ambiguità.
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Immagine di due mani che simboleggia la sovrapposizione semantica di conflitto e guerra

APPELLO AI SOSTENITORI DELLA PACE: NON CONFONDIAMO CONFLITTO E GUERRA

Riportiamo l’appello lanciato da Daniele Novara ed Elena Passerini per sanare una confusione presente nel nostro agire quotidiano: conflitto e guerra non sono la stessa cosa.

Non usiamo il termine «conflitto» come sinonimo di «guerra»

Da tempo i media sono caduti nella confusione tra conflitto e guerra, ma dal 24 febbraio 2022, inizio dell’invasione russa subita dall’Ucraina, la situazione è diventata parossistica.

L’opinione pubblica viene costantemente martellata con questa equivalenza, come se i morti sotto un bombardamento o l’uccisione dei nemici fossero come un diverbio lavorativo o familiare o una contesa politica.

«Il conflitto ha già lasciato sul campo 300 mila morti», «La guerra si fa sempre più intensa. Oggi sono stati bombardati alcuni quartieri della città provocando altri morti. Colpiti e uccisi anche bambini. Il conflitto non si attenua», «Dopo tre anni dall’inizio del conflitto, quella in Ucraina sembra essere sempre più una guerra di logoramento», «Sosteniamo le popolazioni colpite dai conflitti» sono solo alcuni esempi dell’utilizzo indiscriminato dei due termini.

Gli stessi fautori della pace e dell’opposizione alla guerra sono stati colpiti da una confusione che pare pervadere tutto e tutti.

Cos’hanno realmente in comune le parole conflitto e guerra

L’unico elemento sembra essere il tema della confusione, del fastidio, della dissipazione. Nient’altro. La semantica stessa è diversa. Il termine «guerra» indica un’azione volta a uccidere il nemico. Per vincere bisogna abbatterlo. «Conflitto» viene dal latino cum-fligere e significa sostanzialmente «soffrire assieme». Il prefisso cum- genera un senso di adesione reciproca, di condivisione. Porta infatti parole come comunicazione, compagnia, coinvolgimento, contatto, comunità, convegno, complicazione. Certo, fligere è un verbo che contiene componenti difficili, può essere inteso anche come «far soffrire», ma non ha nulla a che vedere con le distruzioni, le uccisioni e i massacri tipici della guerra.

Come si può quindi usare la parola «conflitto» come sinonimo di ogni sorta di crimine bellico?

La sovrapposizione semantica di conflitto e guerra, l’utilizzo dei due termini come intercambiabili è totalmente ideologica, intesa a creare assuefazione alla guerra, a indurre a pensare che sia un fatto inevitabile, come le tensioni nelle riunioni di condominio, i battibecchi tra moglie e marito, o quando l’adolescente non ascolta e si insiste fino alle urla. O di quando addirittura i bambini litigano tra di loro. Sono esempi dal mondo dei conflitti, dei fraintendimenti, delle discordanze, che nulla hanno a che fare con la guerra e la violenza.


Convegno CPP 2025 Conflitti e Salute

La necessità di accettare i conflitti e saperli gestire al meglio sarà il tema centrale del nostro convegno di Novembre.

Partecipa al nostro convegno di novembre dal titolo “Vivere bene i conflitti per stare in salute”.

Con Daniele Novara, Alberto Pellai, Miguel Benasayag, Silvia Vegetti Finzi, Diego Miscioscia, Sebastiano Zanolli, Lorella Boccalini, Laura Petrini, Laura Beltrami, Marta Versiglia, Filippo Sani, Massimo Lussignoli, Emanuela Cusimano e Fabrizio Lertora


La guerra non è convivenza

Vogliamo davvero identificare la guerra con un pezzo di convivenza? Si tratta di un’idea bizzarra frutto di palese manipolazione e distorsione della realtà vissuta concretamente.

La guerra e la violenza rientrano nell’area della minaccia alla sopravvivenza, il conflitto si trova invece nell’area della complessità della vita, che richiede la manutenzione delle relazioni umane. Se confondiamo le due parole, rischiamo di far cadere anche il conflitto nell’area dell’allarme, della convivenza impossibile, dell’uccidere per sopravvivere. La normalità del convivere facendo obiezioni, affrontando i problemi, viene sospesa o rimandata al tempo futuro della «vittoria». Sovrapporre conflitto e guerra genera angoscia, uno stato d’animo di paura e di allarme quando ci si trova in situazioni di contrarietà con gli altri.

Sottrarsi a questa logica significa sottrarsi alla pervasività stessa della guerra per evitare che si incisti nell’immaginario comune con la normalità dell’ovvio e del banale.

L’appello

Facciamo quindi appello ai movimenti, alle associazioni, agli Enti, alle ONG e alle realtà della solidarietà sociale perché sospendano nei loro documenti e nelle loro dichiarazioni l’uso del termine CONFLITTO come sinonimo di GUERRA.

Non lasciamoci contagiare dall’ideologia che equipara un comune litigio all’uccisione, ai massacri, alle stragi. Proviamo a liberare il linguaggio dalla frenesia bellica e a restituirlo alla realtà che la vita di tutti i giorni ci offre.

Bisogna eliminare la guerra,
non i conflitti.
La capacità di stare nel conflitto
ci preserva dalla guerra.


1 ottobre 2025
Daniele Novara, pedagogista e direttore CPP – Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti
Elena Passerini, formatrice CPP – Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti

Immagine di due mani che simboleggia la sovrapposizione semantica di conflitto e guerra

La sovrapposizione semantica di conflitto e guerra, il loro utilizzo come sinonimi, è totalmente ideologica. Superiamo questa ambiguità.

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