L’esperienza dell’I.C. Buscaglia di Cinisello Balsamo (MI) a cura di Maria Teresa Pepe.
Il progetto ha previsto ore di osservazione in classe, durante le diverse proposte, per poter conoscere e lavorare sui diversi stili di insegnamento e sui bisogni dei bambini, in particolare di quelli in ingresso dalla scuola dell’infanzia, su restituzioni in consulenza pedagogiche e su incontri di intravisione supervisione del collegio su temi e riletture condivise con lo staff di dirigenza a seguito delle questioni emerse.
La presenza discreta e mai giudicante della pedagogista, ma nella dimensione della crescita a servizio del gruppo ha permesso di abbattere resistenze e pregiudizi e tutti i docenti di ruolo e non che si sono lasciati accompagnare nella loro pratica, usufruendo di spazi di condivisione in team di interclasse, di colloqui di team, o anche personalmente laddove necessitavano di rivedere il loro approccio metodologico e didattico, nel rispetto della libertà di insegnamento e delle scelte e dello stile di ciascuno. La consulenza pedagogica ha fornito integrazioni e informazioni per rileggere le esperienze rifocalizzando la pedagogia al centro dell’esperienza scolastica.
Da qui ho raccolto diversi sguardi, tra i quali il tema degli spazi di cui vi voglio raccontare in questo articolo.
Già nel 1970 diversi studi americani osservavano gli effetti della disposizione dei banchi in aula, e la funzione della disposizione per la relazione tra pari, e tra educandi e educati. (ADAMS “Location as a feature of instructional interaction” Merril Parker Quarterly, 1970).
C.S. Weinstein in The Psysical evnvironment of the school: a review of the research (1979- Review of educational research) approfondiva le questioni del setting d’aula parlando di sei funzioni fondamentali che l’ambiente assolve: sicurezza e rifugio, contatto sociale, identificazione simbolica, compito strumentale, piacere, crescita.(in La Gestione della classe, L.D’alonzo 2004)
Per questo l’osservazione della disposizione del setting di aula nella classi prime dopo l’ambientamento ha permesso all’interno di questo progetto di rivedere la situazione laddove il clima relazionale era in disequilibrio, o il senso di sicurezza ancora incerto, per garantire ai bambini un buon attaccamento e un buon percorso nel quinquennio.
Dopo i primi anni di mappatura degli ambienti, le docenti hanno imparato a costruire la mappa da presentare alla pedagogista motivando la loro scelta, e rendendo flessibile la disposizione a seconda del gruppo, del bisogno o dell’attività.
D’altra parte la stessa M.Montessori ci aveva sottolineato l’importanza dell’ambiente maestro per educare.
Alcune classi partivano disposte a isole, per poi costruire ferri di cavallo o aree miste con isole e linee, per ricavare spazi laterali per il gioco motorio, altre classi partivano con una zona di interesse artistico in fondo alla classe, o un atelier specifico per sostenere i processi di inclusione.
Altre classi sperimentavano soluzioni per lavorare in gruppo ma anche per raggiungere obiettivi individuali come sostenuto da Jones (Tools for teaching, Fredric H.Jones & Associates, 2000)
Queste ad esempio le mappe principali presso la scuola primaria Buscaglia, che ha una caratteristica strutturale importante, come un alveare ha la aule a forma di esagono, ciascuna con una uscita sul giardino, che viene utilizzato spesso come spazio didattico di esplorazione.
“La temperatura, la luminosità e la qualità dell’aria condizionano l’impegno degli studenti, così come ha rilevanza la disposizione degli arredi dell’aula.” (Gump, School and classroom environments 1987).
Per questo l’osservazione pedagogica ha tenuto conto dell’illuminazione, dell’areazione anche in epoca covid e post pandemia, delle vicinanze e delle distanze, della capacità di cambiare e turnare, per permettere all’ecosistema classe di modificarsi e trarne il massimo vantaggio per la relazione e per l’apprendimento. Inoltre sono stati raccolti dati e osservazioni sugli allestimenti, sui materiali e sugli arredi e sulla gestione dei tempi e delle routine di ingresso per una gestione della classe efficace.
In “Con gli altri imparo” Daniele Novara e Elena Passerini, Erickson 2016, ci mostrano diverse possibilità di disposizione dell’aula mutuando anche dall’esperienza innovativa finlandese e mettendo a confronto i diversi stili di insegnamento a seconda della disposizione dei banchi.
In molte classi si trova per tutto l’anno questa disposizione classica più o meno rivisitata, dalle regole sicurezza, dagli zaini che impediscono il passaggio o dalla lim che non funziona e quindi tutti girati verso la lavagna tradizionale.
Esempi di classe tradizionale
L’esperienza di supervisione pedagogica ha permesso di ripensare alle pratiche inerziali, e rivedere anche le pratiche quotidiane confrontandosi e risignificando le esperienza, con maggior consapevolezza.
“Non sempre si riflette sull’importanza dell’impatto che lo spazio produce. Lo spazio scolastico -dice Daniele novara in “Cambiare la scuola si può” -bisogna prenderselo, insieme ai propri alunni: ci vuole una prospettiva diversa che consenta di interpretare le aule come laboratori” (Cambiare la scuola si può, D.Novara, 2018). Bisogna uscire dalla disposizione della lezione frontale per costuire spazi di apprendimento flessibile.
Ecco che allora sono comparsi nelle aule delle docenti alcune prime sperimentazioni, come il far posto all’agorà per proporre giochi motori all’interno della classe o l’esperienza delle isole per il cooperative learning. Qualcuno è uscito dallo spazio classe, abitando gli atri e ristabilendo la routine del cercchio per attività stimolo, per il consiglio di cooperazione, o per altre esperienze di condivisione.
Anche Elena Mosa, ricercatrice di Indire ha da poco pubblicato “Architetture pedagogiche: oltre l’aula”, 2024, in cui si riportano ricerche più attuali rispetto alla mobilità e flessibilità degli spazi per favorire l’apprendimento.
Il lavoro però a costo zero senza investimenti di nuovi arredi parte proprio da un pensiero pedagogico, rivalutando gli stimoli esterni e rendendo l’ambiente maestro. Ecco allora che l’insegnante è davvero regista maieutico dell’apprendimento e tira fuori le risorse dei bambini a partire dalle loro esplorazioni.
Lo spazio si trasforma in luogo mentre acquisisce
definizione e significato.
“Si parlerà quindi di spazio come di un qualcosa privo di connessioni e trasposizioni sociali, ovvero di un posto che non incoraggia gli individui a esprimere la propria creatività. Diverso è il significato attribuito al luogo che non è solo una coordinata spaziale ma un posto ricco di significati e di vissuto, dato dalla somma dell’ambiente e dell’identità e, per questo, significativo” (Tuan, Space and place, the perspective of experience, University of Minnesota. 2001).
Ripartire dagli spazi quindi per favorire l’apprendimento sociale che nel Metodo Daniele Novara assume una centralità per la scuola per il raggiungimento della crescita e del benessere degli studenti.
Di questo ed altro si parlerà nel convegno online “A scuola si impara dai compagni”, giovedì 29 agosto 2024.
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