Imparare dai compagni non è solo una possibilità, ma una delle strade più naturali ed efficaci per acquisire nuove competenze. L’apprendimento, infatti, non è un processo isolato, ma si nutre dell’interazione, dell’osservazione e dell’imitazione reciproca. Le neuroscienze confermano ciò che l’esperienza in classe dimostra ogni giorno: gli studenti apprendono meglio quando collaborano tra loro, soprattutto se guidati da coetanei con competenze leggermente più sviluppate. Superare l’idea che solo il docente sia il depositario del sapere significa restituire centralità al gruppo e riconoscere la dimensione collettiva dell’apprendere.
L’apprendimento è un atto collettivo
Imparare dai compagni, questo è il metodo migliore. Oggi anche le neuroscienze confermano che il modo più semplice ed efficace di imparare passa attraverso l’imitazione. Si tratta di osservare, studiare, interagire con un’altra persona o un gruppo che sa fare qualcosa che noi non sappiamo ancora fare.
Analizzando il suo comportamento, anche in modo non consapevole e cogliendone le procedure operative, capiamo progressivamente come funziona un determinato schema pratico o concettuale e lo apprendiamo a nostra volta.
Basta falsi miti
La convinzione che per gli alunni sia più facile imparare dalle parole dei docenti che dai propri compagni è un equivoco difficile da dissipare. Resta infatti diffusa l’idea della centralità della spiegazione, di quel momento in cui il docente, secondo una sorta di cerimoniale scolastico, inizia a parlare.
La trasmissione del sapere, quell’effluvio verbale al quale è consegnato l’apprendimento, sospende il tempo e lo spazio e si trasforma in un rito, un atto fondativo dell’istituzione scolastica.
Ma si tratta appunto di un rito, non di un’azione consapevole e professionale, né di una ricerca di efficacia per l’apprendimento degli alunni.

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Con da Marta Versiglia e Vanja Paltrinieri.
Imparare dai compagni
Le competenze adulte sono troppo distanti dalle capacità cognitive infantili e adolescenziali: gli alunni cercano di adeguarsi, ma non imparano veramente.
Piuttosto apprendono grazie ai coetanei, imparano dai compagni. Sono loro, specialmente quelli con una competenza leggermente superiore, che attivano l’imitazione, permettendo ai bambini di riconoscersi in quello che è il loro potenziale di sviluppo: osservo chi è in grado di disegnare un elefante e lo riconosco anche come un mio potenziale. Ci provo, magari sbagliando, e alla fine ci riesco.
Maria Montessori
«Gli insegnanti sono incapaci di far capire a un bambino di tre anni una quantità di cose che un bambino di cinque gli sa far benissimo intendere: vi è fra loro una naturale osmosi mentale».
Maria Montessori
La vicinanza cognitiva fra compagni e compagne favorisce quindi l’apprendimento.
Testo tratto dal libro “Cambiare la scuola si può” di Daniele Novara
11 giugno 2024