L’Incontro tra due giganti dell’educazione
Nell’estete 1963 Mario Lodi fa visita a Don Lorenzo Milani a Barbiana, l’incontro dura solo due giorni ma segna una svolta nella didattica del prete che mette a punto la scrittura collettiva partendo da una corrispondenza tra i loro allievi. Modello che verrà utilizzato da Don Milani per “Lettera a una professoressa” scritta con i suoi alunni e pubblicata pochi mesi prima della sua morte. Testo che ha forgiato una generazione.
Mario Lodi aveva già scritto con i suoi bambini della scuola elementare di Vho di Piadena Cipì, vero capolavoro della letteratura infantile.
Due maestri tanto diversi ma anche tanto uguali, accomunati dalla data di nascita, dal mestiere scelto e dalla dedizione appassionata per i loro ragazzi.
Dalle parole di Mario Lodi ne cogliamo la stessa visione: “A Barbiana i più grandicelli insegnavano a turno agli altri ciò di cui venivano richiesti. Questo avviene anche nella mia scuola. È una cosa molto bella, semplice e divertente a un tempo. Appena uno impara una cosa e un altro non la sa, diventa maestro. Chi insegna qualcosa a un suo compagno può diventare poi suo scolaro in un’altra materia o in un’altra attività”.
L’essenza del mutuo insegnamento, gli alunni interagiscono tra di loro in un incontro che diventa un imparare insieme.
Senza motivazione non c’è scuola né apprendimento
Ci vuole accoglienza, la capacità di creare fra gli alunni quelle modalità di incontro che consentono alla classe di vivere bene assieme e poter così costruire le conoscenze necessarie agli obiettivi scolastici.
Il processo di imitazione è una delle condizioni che favorisce l’apprendimento. Bambini e ragazzi imparano meglio grazie al confronto con i loro compagni, al fare insieme e allo sperimentare in gruppo. Nel mutuo insegnamento l’alunno diventa protagonista dell’educazione in un’esperienza di aiuto reciproco. È dal mutuo insegnamento che si ottengono risultati significativi, non tanto dalle spiegazioni frontali.
A scuola si impara dai compagni!
I coetanei sono gli insegnanti migliori, possono essere utilizzati come una sorta di filtro, uno strumento che aiuta a far fluire la conoscenza in modo decisamente più efficace. La condivisione del sapere è fondamentale. Uno dei modi più semplici per imparare è proprio l’imitazione. Nel lavoro di gruppo, quindi, ciò che permette di apprendere è proprio copiare, ossia la capacità di utilizzare la presenza degli altri.
Creando un clima osmotico di lavoro comune, gli alunni sciolgono le loro resistenze. Quando la scuola rompe lo schema verticale si crea uno spirito di condivisione che produce grandi risultati.
Costruire un clima favorevole e gli alunni
Tra le tante attività per costruire l’incontro che genera la voglia di andare a scuola e di lavorare assieme ne segnalo due. L’intervista di gruppo che è una modalità per conoscersi all’interno della comunità-classe: gli alunni, mettendosi in cerchio, a turno, intervistano un compagno con delle domande di conoscenza sulla sua vita, sui suoi interessi e sui suoi hobby.
È un modo per mettere al centro, attraverso la tecnica dell’intervista, tutti i compagni, conoscerli e attivare un incontro che permetta di uscire dall’idea che si è a scuola solo per seguire delle lezioni.
L’altra attività si intitola Il gioco dell’amico segreto: si mettono dei biglietti con i nomi di tutti i componenti della classe in un cestino, ogni alunno ne prende uno e, per una settimana, in forma assolutamente segreta, dovrà aiutare il compagno sorteggiato e fargli delle gentilezze senza mai farsi riconoscere. Alla fine, si socializzano tutti gli amici segreti che a quel punto si rivelano, ognuno racconta le attenzioni che ha messo in campo e il compagno raggiunto racconta se se ne è accorto oppure no.
Questi giochi consentono di costruire un clima favorevole e gli alunni di 6 anni, così come di 14, vanno a scuola con soddisfazione, sperando non solo di incontrare i Fenici o i teoremi di Pitagora, ma anche tanti compagni con cui costruire amicizie, relazioni, esperienze comuni e con cui scrivere, perché no, un testo come Cipì o Lettera a una professoressa.
Articolo di Marta Versiglia, pedagogista e formatrice CPP.