Nello sport, le esigenze e le aspettative dei genitori e degli allenatori, si sa, sono diverse, come differenti sono le funzioni che devono svolgere nei confronti dei ragazzi e delle ragazze che lo praticano, specie se a livello agonistico.
Il giusto equilibrio tra sport e aspettative
È legittimo che un genitore voglia vedere il proprio figlio partecipare divertendosi. Come è comprensibile che l’allenatore, a sua volta, non possa sempre mettere in campo tutti contemporaneamente, ma semmai con un giusto turn over (negli sport di squadra). Il conflitto sembra quindi fisiologicamente inevitabile.
Nei club sportivi giovanili la maggioranza dei genitori mostra e atteggiamenti equilibrati nei confronti dei figli. Esiste però nello sport una minoranza di genitori con aspettative non commisurate alle reali capacità dei pargoli.
È sufficiente che il “cucciolo” abbia azzeccato un goal, un tiro a canestro, un’ottima misura o un tempo cronometrico lusinghiero, che credono di avere già in casa un campione del mondo!
Potremmo suddividere questa minoranza in due categorie di genitori: quelli assenti e quelli troppo presenti.
Genitori assenti e genitori presenti
I genitori assenti sono quelli che non riconoscono all’esperienza sportiva del proprio figlio il giusto valore educativo-formativo. Sfruttano la società sportiva come “parcheggio” e non hanno tempo da dedicare alla vita societaria. Non ritengono indispensabile accertare la qualità dell’offerta sportiva.
Dall’altra parte, i genitori troppo presenti non riconoscono la professionalità e la competenza degli operatori sportivi. La sfiducia che ne deriva li porta a interferire nel loro lavoro; si sostituiscono all’allenatore sia dalle tribune nel corso delle partite/gare con suggerimenti, aspettative e consigli per i propri figli, sia con analisi, disamine e soprattutto critiche. Pretendono la qualità della proposta puramente tecnica e poco gli importa di quella formativa (o viceversa).
Antepongono l’interesse del proprio figlio a quello della squadra/gruppo; criticano l’operato tecnico dell’allenatore, nonché le prestazioni dei compagni di squadra/club dei propri figli.

Se pensi che lo sport e il movimento possano essere un fattore chiave per l’educazione, abbiamo una proposta per te:
Partecipa al nostro corso ondemand “Educare attraverso il movimento, il gioco e lo sport”.
Il corso online condotto da Vanja Paltrinieri e Lucia Castelli, psicopedagogista e insegnante di educazione fisica, per riflettere riflettere sul valore educativo del gioco e dello sport.
Alcune proposte nello sport per agire con coerenza e giuste aspettative
La società sportiva potrebbe organizzare, a inizio stagione, un incontro con le famiglie dei propri giovani atleti al fine di presentare ed esplicitare:
- il progetto sportivo-educativo
- le linee guida e le finalità della pratica sportiva giovanile perseguite dal club
- gli obiettivi tecnico-tattici
- gli obiettivi educativi e comportamentali
- il ruolo e i compiti dei dirigenti, degli accompagnatori e degli allenatori
In questa sede si potrebbe negoziare, e dunque stipulare, un contratto sportivo ed educativo con i genitori. Chiarendo le richieste e le aspettative sia da parte dei genitori, sia della società. Come per esempio la definizione delle finalità sportive della stessa – vincere il campionato o far giocare tutti, coltivare i talenti o valorizzare tutti i giovani, ciascuno in base alle proprie attitudini e potenzialità- e di quelle educative – il rispetto delle regole dello spogliatoio, della convivenza civile e dello sport.
La società dichiara inoltre cosa è in grado di offrire alle famiglie in termini di assistenza, competenza, educazione, istruzione, servizi per bambini e bambine, ragazzi e ragazze. Questo potrebbe consentire ai genitori di fare scelte più consapevoli rispetto all’attività da far praticare al figliolo. Condividendo o dissociandosi dalle proposte offerte, accettando o meno di iscriverlo in quella determinata società.
Trattandosi, nel complesso, di un progetto non utopistico, ma sicuramente impegnativo, è chiaro che non si possa pensare di esaurire tutti i sopraccitati impegni nel solo incontro di inizio stagione. Sarà necessario prevederne almeno tre in itinere con tutti i genitori. Uno a inizio stagione, uno a metà e uno alla fine, meglio se aiutati da un consulente formatore (insegnante, psicologo, pedagogista, educatore). Si potrebbero prevedere anche alcuni colloqui con le singole famiglie, individuando appositi spazi e tempi per il ricevimento dei genitori.
I contenuti di questi colloqui, incentrati sulla dimensione sportiva, possono riguardare la sfera dei comportamenti socio-relazionali. Ma anche i vissuti emotivi, l’impegno, i miglioramenti, le aspettative e le difficoltà. Sarebbe infine giusto stabilire le modalità di comunicazione più opportune fra allenatori e genitori. Per esempio si potrebbe mettere a disposizione la sede in giorni prestabiliti, inviare circolari, utilizzare la bacheca, la posta elettronica, la messaggistica online, ma con grande attenzione e discrezione.
La famiglia cosa può richiedere alla società sportiva frequentata dal figlio?
Innanzitutto si può chiedere alla società sportiva che espliciti la propria identità, che si presenti dicendo da chi è costituita, come è organizzata, quali obiettivi educativi, agonistici, tecnici persegue, quali rapporti ha con il territorio, in particolare con la scuola e le varie agenzie educative.
I genitori, parlando con la società sportiva, potrebbero interrogarsi e riflettere sulle aspettative nutrite per il figlio atleta, sul ruolo ricoperto nell’ambito dell’associazione, definendo chiaramente sia i possibili contribuiti sia i propri confini, oltre i quali è bene non andare.
Anche nello sport, le aspettative dei genitori non sempre sono commisurate alle reali attitudini del figlio e spesso sono compensative di un desiderio personale che è stato impossibile realizzare. In conclusione, gli operatori sportivi che lavorano in ambito giovanile hanno una responsabilità educativa che gli deriva dal ruolo che assumono, prendendosi in carico la formazione dei ragazzi. Queste figure non possono pensare di incidere sull’educazione dei propri giovani tesserati tralasciando di dialogare con i genitori. Da soli possono influire poco.
L’azione congiunta con le famiglie è più efficace e conveniente. Occorre allora chiarezza, condivisione e disponibilità al dialogo, per assicurare che gli interventi di entrambi abbiano quella coerenza educativa necessaria per non disorientare i giovani, che sono simultaneamente figli e atleti.
Testo tratto dall’articolo “Il gioco di squadra tra genitori e allenatori sportivi. Proposte operative” di Lucia Castelli pedagogista Settore Giovanile Atalanta B.C., insegnante educazione fisica, pubblicato sulla nostra rivista “Conflitti”.
20 maggio 2025