Con la Pedagogia della lumaca di Gianfranco Zavalloni sottobraccio e il corso annuale sulla Pedagogia Maieutica di fresca partecipazione, ho cominciato a coltivare un’idea per i bambini e le bambine della mia classe. Perché non sperimentare con loro una corrispondenza cartacea con una classe parallela, che fosse, per quanto possibile, geograficamente distanza.
- Tornare alla lentezza: domande e ispirazioni
- La scrittura come ponte
- Due anni di lettere
- Scrivere per davvero
- La conclusione
Tornare alla lentezza: domande e ispirazioni
Una proposta di questo tipo non è certo una novità per chi, come me, è cresciuto immerso in questo tipo di scrittura, che porta con sé l’elemento dell’attesa e dello sguardo autobiografico. L’andare lento fa parte del mio bagaglio personale. Ma quanti bambini e bambine di oggi hanno sperimentato questi tempi dilatati? Ha senso riprendere in mano, nell’epoca del digitale, un tipo di esperienza così diversa dai tempi veloci, istantanei in cui siamo immersi?
Gli esempi portati avanti da grandi maestri non mancano (per citarne uno, il binomio Mario Lodi – don Milani) e sono splendidi sotto tanti punti di vista, compreso l’approccio alla pedagogia maieutica, ma la cornice culturale e sociale non è più la stessa. Le domande, così, si sono accavallate una sull’altra e non ho trovato risposte esatte, semmai ulteriori spunti attraverso i quali soppesare il senso della proposta.
La scrittura come ponte: nascita del progetto
La riflessione non ha toccato solo aspetti legati alla dimensione temporale. Da tempo, infatti, mi chiedevo come poter motivare gli alunni alla scrittura di testi calati in un cosiddetto “compito di realtà”. Ho vissuto spesso la fatica di stimolarli a scrivere, di trovare il quid che li potesse avviare a mettere su carta il loro mondo interiore in modo piacevole, costruttivo e al tempo stesso sfidante.
Il punto di svolta è stato il confronto con una collega parallela. Insieme, a settembre 2022, abbiamo deciso di percorrere questa strada. Attraverso la rete del CPP, dove la pedagogia maieutica si pratica quotidianamente, ci siamo messe in contatto con una classe con la quale dare forma alla corrispondenza cartacea. La distanza geografica c’era tutta: le lettere dei nostri alunni avrebbero percorso un bel pezzo dello stivale da Vicenza a Cava de’ Tirreni, da Nord a Sud e viceversa.

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Due anni di lettere: scoperta, attesa, maieutica
Lo scambio epistolare è quindi cominciato ed è durato due anni scolastici, dall’inizio della quarta alla fine della quinta, rivelandosi un percorso fecondo sotto vari punti di vista. Innanzitutto i ragazzi hanno sperimentato l’attesa, quel concetto da cui erano partite le mie prime domande: «Ma quanto ci mettono le lettere? Perché ci mettono così tanto?». La pedagogia maieutica della lumaca ha preso forma.
Strada facendo sono nate poi varie domande e a ogni quesito si è aperto maieuticamente un approfondimento che andava al di là della lingua italiana. Si è spaziato dal «Come funziona il sistema postale tradizionale?» (ai più alquanto sconosciuto) a «Quanta distanza c’è tra noi e loro?», che abbiamo ricercato mettendo al centro del cerchio la carta geografica dell’Italia.
Scrivere per davvero: relazioni e crescita
Restando in ambito strettamente linguistico, scrivere a un destinatario preciso, un ragazzino della stessa età da cui poi si attende risposta, è stato un esercizio di scrittura motivante e ancorato al reale. Le lettere scaturite sono state, generalmente, ricche di contenuto e personali nello stile. Lo “scrivere bene” non era più solo per la maestra, ma per farsi comprendere al meglio dal proprio compagno o compagna di penna.
Curioso è stato osservare come, tra le classi coinvolte in questa tecnica di pedagogia maieutica, i ragazzi si siano modellati autonomamente. Sono partiti, infatti, con lo scriversi in corsivo. Ma, nel corso dei due anni e su richiesta spontanea dell’uno o dell’altro, c’è chi è tornato allo stampato minuscolo, o al maiuscolo, per far sì che il compagno potesse leggere e rispondere con facilità.
Un ragazzino, per esempio, che non praticava ancora il corsivo, ha voluto impegnarsi aprendo un “contratto di lettura del corsivo” con l’obiettivo di riuscire a leggere autonomamente le lettere del compagno di penna.
La conclusione
L’esperienza è stata anche palestra di inclusione e peer tutoring. Sono stati coinvolti tutti i bambini e tutte le bambine, anche i più fragili, nessuno escluso. Ultimo, ma non da ultimo, l’esperienza dello scrivere ha creato legami per cui, veramente, l’arrivo del pacco di lettere ha rappresentato un momento sempre più gioioso man mano che l’esperienza proseguiva.
Parallelamente, i tempi che i ragazzi impiegavano nello scrivere le risposte al compagno o alla compagna sono andati via via accorciandosi. L’obiettivo di creare una piacevolezza nello scrivere è stato certamente raggiunto per la maggioranza degli alunni, sia a Vicenza sia a Cava de’ Tirreni.
Il percorso si è concluso a giugno 2024, quando, attraverso una videochiamata, le classi coinvolte hanno potuto salutarsi e finalmente vedersi. Il disvelarsi, il dare un volto al proprio amico o amica di penna, è stato emozionante. Anche per noi maestre, consapevoli di aver fatto sperimentare la pedagogia maieutica ai nostri alunni e alle nostre alunne, qualcosa di importante che forse non dimenticheranno subito, pur nella sua estrema semplicità.
Un “grazie” particolare alle mie colleghe di team e alla collega “di penna” Giovanna Attianese della scuola primaria di Cava dé Tirreni (Sa).
Testo tratto dall’articolo “Carta e penna” pubblicato sulla rivista “Conflitti” a firma Natascia Turato insegnante e formatrice del metodo Litigare Bene.
30 maggio 2025